I bambini durante il loro percorso di crescita affrontano e superano compiti di sviluppo di vario tipo: dallo sviluppo motorio allo sviluppo del linguaggio, lo sviluppo cognitivo, lo sviluppo emotivo, lo sviluppo delle abilità sociali, etc. Ogni processo di crescita richiede energia, flessibilità, resilienza, competenze emotive. Il bambino non fa tutto questo in autonomia, anzi, soprattutto nei primi anni di vita, apprende queste svariate competenze dalle figure di riferimento. Non essendo capace di autoregolazione emotiva, impara quest’ultima dalla capacità che i caregivers hanno di “stare con” e di gestire gli stati interni del bambino. A volte questi processi son complessi e a questi si aggiungono delle neurodiversità, delle fragilità emotive specifiche, che rendono il percorso tortuoso e sofferente.
Il bambino manifesta il suo disagio comunicandolo attraverso dei comportamenti-segnale o sintomi psicosomatici, dato che non riesce ad esprimere facilmente la difficoltà con le parole.
È importante riuscire a riconoscere i segnali di disagio del bambino per intervenire in modo appropriato.
Quando il bambino manifesta disagio nell’affrontare situazioni di stress emotivo (separazione dei genitori, inserimento scolastico, difficoltà relazionali etc.) può essere utile un lavoro di sostegno psicologico con l’obiettivo di accompagnare lui e la sua famiglia nel momento di difficoltà; qualora, invece, il disagio si trasformi in un disturbo significativo, l’intervento per alleviare la sofferenza e ridurre i sintomi è la psicoterapia cognitiva, specifica per l’età evolutiva. In questi casi si può affiancare alla psicoterapia anche una valutazione di un Neuropsichiatra Infantile che aiuta nel processo diagnostico e di presa in carico.
L’iter prevede un processo di psicodiagnosi che consiste in 4/5 colloqui in cui, a seconda della richiesta, vengono somministrati dei test cognitivi e/o emotivi o effettuata l’osservazione del comportamento del bambino in situazioni di gioco libero e/o strutturato, con o senza genitori presenti. L’obiettivo è quello di valutare l’adeguatezza del bambino in relazione all’età nei vari ambiti di sviluppo, le sue capacità relazionali con gli adulti e con i pari e l’area cognitiva. Attraverso il percorso di psicodiagnosi si valuta anche la relazione tra aspetti emotivi e cognitivi e l’influenza degli uni sugli altri.
Se, dalla psicodiagnosi, emergono sofferenze significative e strutturate e il disagio compromette il normale funzionamento della vita familiare e scolastica, è necessario intraprendere una psicoterapia cognitiva dell’età evolutiva al fine di ridurre i sintomi e curare il disagio. Attraverso il dialogo, il gioco, il disegno e degli strumenti di terapia cognitiva, il terapeuta lavora con il bambino sui pensieri negativi, sul riconoscimento delle emozioni che ne conseguono, sui comportamenti problema, con l’obiettivo di avere strategie di gestione differenti e la scomparsa o gestione del sintomo.
A volte a questo iter è utile affiancare un percorso di psicoeducazione genitoriale o uno spazio di sostegno alla genitorialità, dove un esperto (lo psicoterapeuta) fornisce delle indicazioni pratiche per gestire situazioni concrete esemplificate durante la seduta. Il genitore è da considerarsi come il primo esperto del figlio, così come una delle principali figure di riferimento grazie alle quali il bambino impara a regolare i propri stati interni. Il terapeuta accompagna i genitori a riflettere sulla propria storia personale e i propri stati interni e su come questi possano talvolta influenzare il proprio stile genitoriale e il modo in cui il bambino impara a regolare le sue emozioni e i suoi pensieri e interiorizza degli schemi d’azione.
L’obiettivo centrale del lavoro è quello di aiutare al cambiamento verso modalità di comportamento genitoriale più funzionale. Il lavoro con i genitori è fondamentale per i disturbi dell’età evolutiva.
In alcuni casi al percorso di psicoterapia e di sostegno genitoriale può essere utile affiancare anche un intervento educativo per il minore, che rafforza e permette di mantenere il lavoro che si sta facendo in psicoterapia. Può servire, in base alla diagnosi e alla compromissione del funzionamento, collaborare con un Neuropsichiatra infantile.